Il palazzo città-stato in balìa dei nordafricani
Circa 500 nordafricani, perlopiù eritrei e somali, occupano illegalmente un palazzo di sette piani dove regna la sporcizia e l'illegalità con locali commerciali aperti abusivamente e dove sono stati riscontrati vari casi di scabbia
Roma, 14 lug 2016 - Un hotspot abusivo nella periferia romana. Un intero palazzo autogestito da rifugiati. Lo stabile - che si trova in via Collatina nella periferia est di Roma - da un decennio è stato abbandonato dalle istituzioni e dai proprietari. E così è diventato una vera e propria città-stato governati dagli stessi abitanti. Siamo Tor Sapienza, dove nell’autunno 2014 sono scoppiati gli scontri tra migranti e residenti.
“Qui è stato messo di tutto e di più, dai centri d’accoglienza ai campi rom, e il tessuto sociale non è stato fatto dai cittadini ma dalla politica”, spiega Roberto Torre, presidente del Comitato di quartiere, mentre ci accompagna a vedere quella che si potrebbe tranquillamente definire ‘una città nella città’.
Lo stabile-Stato autogestito dai nordafricani
Un edificio di sette piani che, fino ai primi anni 2000, ospitava la sede dell’Inpdap ma dal 2005 è la casa di circa 500 nordafricani che vivono in condizioni disumane tra sporcizia e casi frequenti di scabbia.“Veniamo tutti dal mare”, spiega Berhe, un ragazzo eritreo sulla trentina che ‘lavora’ nella guardiola all’ingresso del palazzo e che ci fa da ‘Cicerone’.“Siamo tutti eritrei ed etiopi e abbiamo la stessa cultura e la stessa religione. I musulmani sono davvero pochi e non ci sono tensioni tra di noi”, dice Berhe che racconta come il palazzo sia un po' come una città-stato autogestita dai residenti con regole e finanze proprie. “Solo il 10% di noi lavora, mentre gli altri vanno a chiedere l’elemosina vicino ai benzinai e nelle chiese oppure fanno i venditori ambulanti”, dice il ragazzo eritreo, omettendo che molte donne la sera si prostituiscono lungo la via, come ci confermano i residenti.
Nel palazzo vi sono altre due persone che lavorano in guardiola, un idraulico e un elettricista, mentre due donne si occupano dei due bar/ristoranti forniti di sala biliardo e tivù con sky piratato, ovviamente aperti abusivamente e dove le condizioni igienico-sanitarie sono a dir poco precarie (guarda le foto). I proventi di questi ‘locali commerciali’ servono a pagare i loro stipendi e le spese principali, ma per ogni problema il loro punto di riferimento è il settimo Municipio. Da quel che si può vedere dai corridoi si tratta di uno stabile molto fatiscente che anni fa, come racconta Berhe, è stato teatro di un incendio al primo piano e questo ha rovinato i soffitti. Il problema ora è che persino gli idranti sono rotti e il tecnico mandato dal Comune, anziché riparare il guasto, ha semplicemente chiuso l’acqua e perciò se scoppia un incendio i migranti non hanno modo di spegnerlo rapidamente (guarda il video). Per questo motivo, ma soprattutto per paura di infiltrazioni da parte dei terroristi, i residenti da due anni hanno deciso di non accogliere più nessuno. Una situazione di assoluto 'autogoverno' che denota come Tor Sapienza, a due anni dagli scontri, sia ancora un quartiere in balìa di se stesso dove le istituzioni chiudono un occhio di fronte a situazioni di illegalità e di degrado come questa per evitare di dover trovare soluzioni ancora più politicamente scomode per i residenti.
La preoccupazione per i casi di scabbia
L’edificio, infatti, è una ex sede dell’Inpdap che è stata venduta nei primi anni 2000 perché i piani inferiori si allagavano. Ma non è tutto. Dietro questo stabile ce n’è un altro che nel 2015 era stato occupato dai rom e che era andato a fuoco per 15 giorni perché quell’area era diventata un centro di smaltimento dei rifiuti tossici. In questo contesto i cittadini lamentano l’assenza dello Stato non tanto per motivi di sicurezza, ma per i problemi igienico-sanitari. “Da parte dei residenti non si temono tensioni sociali ma c’è una legittima preoccupazione per i casi di scabbia documentati dalla Asl e, appena insediato, presenterò un’interrogazione in merito al neosindaco della Capitale”, anticipa il neoconsigliere comunale di Fratelli d’Italia, Francesco Figliomeni, che, insieme al collega di partito, Fabrizio Santori, sta seguendo questa problematica.
Proprio Santori, consigliere regionale del Lazio, ha di recente avuto risposta su un’interrogazione presentata in autunno sulla situazione sanitaria di Via Collatina 391. “Dalla Asl Roma B ci informano che - spiega Santori - parte degli interventi annuali di sorveglianza sanitaria, che ammonta ad una spesa totale di 73mila euro, sono sostenuti dal comune di Roma, di cui 5.000euro investiti per il funzionamento di un camper che garantisce l’offerta attiva di prestazioni sanitarie e circa 32mila euro per i compensi relativi al mediatore culturale e all’autista. A ciò si aggiungano le spese farmaceutiche che per il 2014 sono state circa 9mila euro, mentre per il 2015 più di 16mila”.
Il Comune brancola nel buio
L’altro aspetto preoccupante della vicenda è che i residenti non sanno a chi appartenga l’immobile e il Comune di Roma non solo brancola nel buio per quanto riguarda i proprietari, ma non è neanche a conoscenza del fatto che lo stabile è occupato da nordafricani tanto che, per avere notizie, si è informato attraverso la Asl. Alla richiesta di delucidazioni da parte del Comitato di quartiere, il Comune ha pertanto risposto che non si tratta di un immobile di sua proprietà o di sua disponibilità ma “da notizie assunte anche in via informale, risulterebbe di proprietà di una Società privata e occupato, abusivamente, da stranieri provenienti dal continente africano”. IlGiornale.it non solo è riuscito a entrare dentro l’edificio ma ha anche rintracciato i legittimi proprietari. Si tratta della società Idea Fimit Sgr (Fondo Immobiliare Italiano, Società di Gestione del Risparmio), posseduta per il 64,3% dal Gruppo De Agostini; per il 29,7% dall’Inps e per il restante 6% dal Fondazione Carispezia.
Le azioni intraprese dai legittimi proprietari
Dalla Idea Fimit sgr mi fanno sapere che lo stabile di via Collatina è stato acquistato nel 2007 perché “faceva parte di un portafoglio più ampio di immobili che vennero immessi nella proprietà del Fondo”. All’epoca, quindi, l’immobile era occupato già da due anni e, da allora a oggi, la Idea Fimit sgr (che anche altri 3 grossi immobili occupati nella Capitale) ha avviato tutte le procedure legali e amministrative per rientrarne in possesso, ma senza ottenere nessun riscontro positivo. Dalle prime segnalazioni alla prefettura del novembre 2010 si arriva al 2011 con una richiesta di sgombero dello stabile al questore di Roma e ad una denuncia contro ignoti per invasione di terreno, danneggiamento e furto.
Nel 2013 il Gip, però, dispone l’archiviazione del caso e tutte le altre azioni amministrative non consentono alla società di rientra in possesso dello stabile. Ora i legali del Fondo stanno pensando di richiedere un risarcimento alle amministrazioni pubbliche e alle forze dell’ordine “a cui è addebitabile una ingiustificata inerzia nella gestione della vicenda” anche perché tutti i proprietari dello stabile continuano a pagare le tasse di proprietà (IMU e Tasi), le rispettive spese legate e i vari consumi di utenze allacciate.
Il palazzo città-stato in balìa dei nordafricani